Rilascio dei certificati bianchi e obiettivi di risanamento energetico

I progetti di riduzione di inquinamento devono essere effettivi, altrimenti i c.d. certificati bianchi, rilasciati a fronte di mancata riduzione dell’inquinamento, porterebbero al paradossale risultato, opposto all’obiettivo per cui sono nati, di consentire l’aumento del tasso complessivo di inquinamento, con evidente danno per l’umanità e l’ambiente a livello globale.

(Tar Lombardia, Milano, sez. III, 23 febbraio 2015, n. 541)

«Dall’esame degli atti risulta che la ricorrente ha presentato in data 24/07/2008 un progetto per la distribuzione alle famiglie di materiale per risparmio energetico consistente in rompigetto aerati, erogatori a basso flusso per doccia e lampade a risparmio energetico, disciplinato dalla deliberazione dell’Autorità per l’energia elettrica ed il gas n. 111/04 in attuazione degli interventi previsti dall’articolo 5, comma 1, dei decreti ministeriali 24 aprile 2001.


In base al progetto presentato i suddetti strumenti di risparmio energetico dovevano essere consegnati ai cittadini del Comune
[…] da parte dell’amministrazione comunale e l’esecuzione del progetto doveva essere certificata all’AEGG secondo la:

  • scheda tecnica n. 13a – Installazione di erogatori per doccia a basso flusso (EBF) in ambito residenziale;
  • Scheda tecnica n. 14 – Installazione di rompigetto aerati per rubinetti (RA) in ambito residenziale
  • Scheda tecnica n.1 – Sostituzione di lampade ad incandescenza con lampade fluorescenti compatte con alimentatore incorporato.

La documentazione richiesta dalle suddette linee guida è stata consegnata ma l’Autorità ha chiesto la prova di elementi ulteriori.
In merito ai procedimenti in esame la giurisprudenza ha affermato che i c.d. certificati bianchi vengono rilasciati in favore di imprese che dimostrano il conseguimento di obiettivi di risparmio energetico; essi possono essere utilizzati dalle medesime imprese o da altre imprese a cui vengono ceduti verso corrispettivo, per superare i limiti di inquinamento imposti a ciascuna impresa. In sintesi, in ossequio al principio chi inquina paga, il cui rovescio è il principio chi non inquina è pagato, il livello massimo di inquinamento non può comunque essere superato, salvo compensazioni interne tra soggetti che inquinano di più e soggetti che inquinano meno. Questo meccanismo postula che i progetti di riduzione di inquinamento siano effettivi, altrimenti i c.d. certificati bianchi, rilasciati a fronte di mancata riduzione dell’inquinamento, porterebbero al paradossale risultato, opposto all’obiettivo per cui sono nati, di consentire l’aumento del tasso complessivo di inquinamento, con evidente danno per l’umanità e l’ambiente a livello globale (Cons. Stato, sez.VI, 22/03/2010 n. 1635).


In materia di istruttoria del procedimento amministrativo la giurisprudenza ha chiarito che l’istruttoria del procedimento amministrativo è retta dal principio inquisitorio in base al quale il responsabile del procedimento deve attivarsi al fine di acquisire tutti gli elementi di valutazione necessari o comunque, utili per consentire l’emanazione del provvedimento conclusivo del procedimento (Cons. Stato, sez. V, 28 luglio 2005 n. 4057).


Dal principio inquisitorio discende che la pubblica amministrazione può svolgere le indagini ritenute opportune a tutela dell’interesse pubblico, anche oltre gli elementi espressamente richiesti come prova nei bandi, salvo che sussistano ragioni di par condicio tra le parti ( sulla distinzione, a fini istruttori, tra atti concessori e procedure concorrenziali v. Cons. Stato, sez. V, 28 luglio 2005 n. 4057).
Al potere istruttorio dell’amministrazione consegue un dovere di informazione a carico del privato (in merito v. Consiglio Stato , sez. V, 13 marzo 2000 , n. 1299; T.A.R. Campania Napoli, sez. VII, 24 luglio 2008 , n. 9347) con la conseguenza che qualora il privato non fornisca gli elementi in suo possesso o che rientrano nella sua sfera di controllo l’amministrazione deve respingere la domanda.
Chiaramente, mentre l’efficacia probante dei documenti espressamente indicati dalla normativa disciplinante l’atto concessorio non possono essere messi in discussione dall’amministrazione, la richiesta di prove che riguardino altri aspetti deve avvenire in contraddittorio e l’efficacia probante delle prove fornite dal privato dev’essere motivatamente valutata dall’amministrazione.
Nel caso in questione l’amministrazione ha chiesto che fosse fornita prova della consegna dei kit solo ad utenti che ne facessero uso domestico, esercitando il suo potere istruttorio con riferimento ad un elemento costitutivo del diritto al rilascio dei certificati verdi, per il quale non aveva richiesto altre prove.


La ricorrente ha presentato una dichiarazione dell’assessore comunale che i kit erano stati consegnati solo alle famiglie.
L’autorità non ha ritenuto sufficiente questa prova in quanto dagli accordi con il Comune risultava che fosse stato redatto un documento che provava il conteggio delle consegne effettuate agli utenti finali. Tale documento però non è mai stato consegnato all’Autorità, sebbene la ricorrente abbia dichiarato che era a disposizione del Comune per qualsiasi verifica (v. lettera del 21.10.2009).
In merito deve ritenersi che la richiesta dell’esibizione di questo documento non fosse irragionevole e non comportasse un rilevante aggravio dell’onere probatorio della ricorrente, rispetto al quale non risulta un rifiuto del Comune di rilasciarlo né si comprendono i motivi per cui sia rimasto segreto.
Deve quindi ritenersi che l’atto impugnato sia legittimo, in quanto la ricorrente non ha adempiuto ai doveri di informazione che gravavano su di essa
».

Daniele Majori – Avvocato Amministrativista in Roma

[Fonte: www.giustizia-amministrativa.it]

 

Copy Protected by Chetan's WP-Copyprotect.